"si può far cultura parlando anche di patate bollite"

Titti Semeraro

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GLI AVUCCHIARI DI RUSSOLITE

04.04.2015 20:40
 

Passeggiando per tratturi e poderi, con l’amica Teresa, ci siamo imbattute in due vecchie masserie abbandonate, che sebbene in totale decadimento strutturale mi hanno lasciata senza fiato.
Come sempre accade, quando mi trovo difronte a tali spettacoli, la mia mente galoppa e mi abbandona, perdendosi in un passato immaginario quando risate gioiose e braccia laboriose occupavano gli stessi spazi. Il mio sguardo è stato attratto da una struttura che non avevo mai visto: una serie di ordinati parallelepipedi in pietra, una sorta di colombaia per colombi giganti e ho chiesto a Teresa cosa fosse. Inaspettata la risposta: ARNIE.
Ed ecco la curiosità si scatena……casualmente ero di fronte ad uno degli “avucchiari” più noti della nostra zona, quello di Masseria Russolite.
L’allevamento delle api ha nel nostro territorio lontanissima tradizione: a Taranto una placca ricorda il passaggio di Lucius Columella, agronomo e scrittore apistico, mentre Virgilio nelle Georgiche nel verso 125 dice che il miele di Taranto era comparabile a quello dell’Attica (il più celebrato di quei tempi).
Il miele non solo era l’unico dolcificante di ampio uso, ma era anche un rimedio medicamentoso, mentre la cera era usata per la concia delle pelli, come combustibile ed a scopi votivi. In epoca medievale addirittura molti dei canoni, corrisposti dai contadini ai proprietari delle terre, erano costituiti da cera. In un editto reale Federico II, chiamato Puer Apuliae, ordinò che in ogni fattoria del regno doveva esserci una quantità sufficiente di api e, re Manfredi, nel suo “Statutum Massarium” raccomandava di porre arnie ovunque esistessero degli alberi, dei fiori e dell’acqua.
A Russolite, nel comune di Crispiano, vi è questa splendida struttura di 32 arnie armadio, costruite con blocchi monolitici, disposti in maniera lineare ad L (Avucchiari). Si procedeva così: si iniziava con la raccolta di sciami selvatici, presenti nella parte cava degli alberi o nelle grotte, poi riposti in arnie orizzontali a forma di cassa, dopo aver allontanato le api, bruciando sterco secco, si procedeva all’apertura delle arnie ( 3 volte l’anno) e al taglio dei favi; questi venivano spremuti in appositi torchi per separare il miele dalla cera.
Quasi sempre gli avucchiari erano all’interno di giardini murati (proprio come a Russolite) in una sorte di simbiosi mutualistica: le api avevano bisogno di cure ed acqua e contemporaneamente impollinavano gli alberi da frutta.
Non c’è che dire la realtà è andata di gran lunga oltre la mia fantasia…..ma quanta tristezza a vedere oggi, questi “patrimoni” destinati a cadere non solo nel dimenticatoio, ma nel nulla…..GIUNITER prova quanto meno a parlarne.